14/03/12

La Canaglia a Golfech - Vis à Vis - Seconda Parte



Segue da qui

Nel ’79 tutto questo stava appena cominciando: nel frattempo, però, succedevano altre cose interessanti… 

Come no! Nel novembre 1979 fu creata una radio che si chiamava appunto Radio Golfech. Essa fu un mezzo per sensibilizzare la gente sulla lotta ed era molto seguita nella regione da tutti, non solamente dagli antinuclearisti. La prima emissione fu durante una manifestazione, non c’erano permessi, era una di quelle che noi chiamavamo radio pirata. A partire dal ’76-’77 cominciarono a spuntare delle radio pirata un po’ ovunque in Francia, praticamente ogni città aveva la sua piccola radio pirata, che veniva spesso chiusa dalla polizia. Ma lì a Golfech, alla fine del 1979, si creò una radio specificamente per la lotta, fatta da ecologisti e antinuclearisti della regione con qualche compagno un po’ libertario, com’è sempre stato nelle lotte ecologiste. E siccome una radio pirata per definizione è clandestina, non poteva avere un posto fisso, bisognava trasmettere con delle batterie da una macchina, in montagna, perché gli sbirri la cercavano ovunque. La radio veniva spostata spesso su e giù per le colline, ogni volta che si poteva, così la polizia non riusciva a trovarla per triangolazione. Anche se non trasmettevano sempre, la radio era molto potente e, essendo tutta la regione di Golfech collinosa, per trasmettere era sufficiente mettersi in cima a una di queste colline e si sentiva dappertutto. Sono riusciti a fare una radio molto efficace, che è stata poi trovata e distrutta dalla polizia per ben due volte: sono arrivati gli sbirri, hanno arrestato i tipi e si sono presi tutto il materiale. È chiaro che EDF e gli sbirri volevano distruggere questo tipo di espressione: distribuire un giornale o dei volantini non è come una radio che tutti possono ascoltare. Perché le sere che trasmettevano li ascoltavano davvero tutti: questo ovviamente li disturbava molto, e poi la politica del governo contro le radio pirata all’epoca era questa. Più tardi ne hanno legalizzata qualcuna, imponendo le loro condizioni, ma le radio pirata che appartenevano ai movimenti sociali o antinucleari non gli piacevano. E non gli piacciono nemmeno adesso.
Nello stesso periodo, all’inizio del 1980, venne creato un giornale, Le Geranium Enrichi, che usciva una o due volte al mese, e ci furono 23 o 24 numeri in totale. Era stampato in grande formato, c’era un indirizzo e alla fine c’erano circa mille abbonati, che è molto per una pubblicazione antinucleare locale. Era un giornale molto critico, rileggendolo nella maggior parte degli articoli trovi le analisi classiche della critica antinucleare, sulla salute ecc., e anche molte analisi sulla politica, la critica ai politici, e poi c’erano i perché dell’essere contro a questa società nucleare poliziesca. Era edito dal CAN di Golfech e funzionava con un piccolo comitato redazionale, ma era aperto a tutti i contributi che la gente inviava come articoli. Cioè non era scritto da un gruppo ristretto di persone ma piuttosto, se analizziamo un po’ la sua storia, era un luogo di dibattito collettivo, in quanto più della metà dei pezzi erano contributi della gente tramite lettere, articoli ecc., ed era uno strumento che veicolava anche le informazioni delle altre lotte antinucleari come quella di Plogoff o di Chooz. Non era localistico, fermo solamente su Golfech, e aveva una grossa diffusione, anzi in quel periodo era uno dei giornali antinucleari più combattivi. Anche a Plogoff avevano un loro giornale, ma non aveva un grosso tiraggio, anche a Chooz ne avevano uno. Questo per dire che erano tutti mezzi che in una lotta si sommano ad altri. I comitati avevano i mezzi materiali e finanziari per poterlo fare. Perché questo? Perché la lotta era popolare. Se stampi un giornale in più di diecimila esemplari, vuol dire che la lotta è molto partecipata, che è popolare.
E poi in questo periodo venne costruita la Rotonda in un terreno che avevamo acquistato collettivamente, facendo la domanda come Gruppo fondiario agricolo. L’obiettivo della Rotonda era di mettere nel bel mezzo della centrale, perché appunto il terreno che ci apparteneva stava proprio in mezzo ai terreni di EDF, qualcosa che ne impedisse materialmente la costruzione. Non la potevano mica costruire con noi dentro. E puoi immaginare quanto piacesse a EDF e ai vigili vederci passare tutti i giorni di là! Fu costruita in un paio di mesi con materiali di recupero, terra e legno, ed è stata inaugurata nel settembre del 1980 durante una festa. Nell’ultimo periodo c’erano anche due capre, un maiale, degli animali, dei polli, e c’era pure qualcuno che viveva lì permanentemente. Ma, capisci, per arrivarci bisognava passare tra le recinzioni di EDF, dovevamo passarci e non potevano impedircelo, per la gioia di vigili e gendarmi che ci prendevano sempre i numeri delle targhe. Comprare il terreno è stato semplice: si è deciso, qualcuno sapeva un po’ come funzionava, ci si è detti “se creiamo un Gruppo fondiario agricolo allora non possono sgomberarci”, e se noi quindi avessimo vinto la partita EDF non avrebbe potuto occupare il sito. Un proprietario ci ha venduto il terreno, giuridicamente lo abbiamo intestato a questo Gruppo fondiario agricolo, perché era vantaggioso dal punto di vista legale, e a quel punto noi eravamo lì e non ci muovevamo. Per acquistare la terra abbiamo fatto una sottoscrizione alla quale ha partecipato circa un migliaio di persone, mettendo ognuno un po’ di soldi, ovviamente a fondo perduto. Mettevamo un po’ di soldi e ce ne fregavamo, era una cosa collettiva e non era il caso di fare questioni, su a chi venisse intestata e robe del genere…
In quel periodo venivano anche occupate le fattorie: EDF, dopo aver acquistato i terreni, ne demolì qualcuna, ma per lo più demoliva solo il tetto. La gente è arrivata in gruppi, ha occupato le fattorie e la prima cosa che ha fatto è stata ricostruire i tetti, poi stabilirsi. Dopo qualche settimana però EDF è ritornata con i gendarmi, hanno fatto uscire tutti quanti e le hanno demolite. Non sono durate molto, un paio forse hanno resistito qualche mese. Ma non appena EDF ha capito che era un metodo di lotta ha chiamato subito gli sbirri. Anche la Rotonda è stata, dal mio punto di vista, un’operazione tattica per creare un problema per la costruzione della centrale. E a livello legale era ineccepibile. Non puoi costruire una centrale se tu sei lì: non ti possono cacciare materialmente, ma non possono nemmeno lasciare una fattoria di un ettaro fra le torri e le strutture della centrale, anche perché eravamo al posto di alcuni edifici.
Una scelta tattica, dicevamo, ma era allo stesso tempo anche un luogo dove si viveva, si facevano le riunioni, si passavano i fine settimana, c’era chi ci viveva, chi ci stava qualche mese, altri qualche giorno. Funzionava a tutti gli effetti come luogo d’incontro per molta gente. La Rotonda era del movimento, era appoggiata da tutti i comitati antinucleari, ed era anche di tutti quelli che passavano. Mi ricordo che soprattutto i sabati e le domeniche c’erano decine e decine di persone che venivano e ci rimanevano per il fine settimana, a preparare da mangiare, a fare delle feste. Gran parte della gente che viveva lì, attorno alla centrale, passava spesso e ci portava tantissime cose, da mangiare e da bere, per essere solidali con gli occupanti.
E poi attraverso la Rotonda si potevano fare delle azioni all’interno del sito, era proprio lì a due passi, le recinzioni venivano tagliate, si facevamo delle azioni collettive e ci entravano tranquillamente molte persone. Sono partite da lì anche le grandi manifestazioni: si andava alla Rotonda e dopo si assaltava il sito, tagliando duecento metri di rete, e centinaia di persone entravano. C’era un accerchiamento permanente, era sempre una guerriglia. Le recinzioni venivano tagliate quasi ogni domenica, e c’erano anche dei gruppi di famiglie che ci venivano. E quando arrivavano gli sbirri per provare ad arrestarci, la gente riusciva ad andarsene lo stesso. Per farti un esempio, nel settembre del 1980 i comitati antinucleari di Tolosa, di Valence d’Agen e di Golfech, avevano organizzato un fine settimana di concerti e di attività proprio alla Rotonda. Sono venute, credo, 10.000 persone e sono successe tante cose: EDF aveva già recintato tutto e aveva costruito all’interno un grosso edificio prefabbricato che fungeva da stazione meteo per monitorare il tempo atmosferico della zona, una cosa che dovevano fare per legge. Dopo il concerto circa cinquecento persone hanno strappato le recinzioni, sono andate alla stazione meteo e l’hanno bruciata. Ce ne sono state molte, di azioni collettive, c’era l’abitudine di fare azioni collettive.
Alla fine la Rotonda e il sito sono stati occupati dagli sbirri, e la Rotonda è stata bruciata con gli animali dentro. So che un collettivo ha sporto denuncia, ma non so come sia finita. Magari dopo dieci o vent’anni vengono a dirti: sì, voi siete i proprietari, vi risarciremo i danni… Ma il giorno che l’hanno bruciata, compiendo un’azione criminale, hanno chiuso il passaggio e così non potevamo più entrare, questo è il punto. È chiaro che gli sbirri hanno bruciato la Rotonda con EDF a fianco. Dandole fuoco, anche se era una proprietà privata, potevano impedirci l’accesso, ed è quello che hanno fatto. Dopo diventa una storia giuridica, si va in tribunale e ci mettono venti o trent’anni per risponderti. Anche se alla fine ti danno ragione, la centrale intanto la fanno lo stesso. Il loro obiettivo era questo. Sanno bene anche loro compiere atti illegali: hanno bruciato la Rotonda appositamente per fermare la nostra entrata. Dopo, infatti, non abbiamo più avuto la possibilità di accedere al sito, anche perché quando tutto questo è successo non c’è stata una reazione compatta del movimento, c’erano già state le manifestazioni represse brutalmente dalla polizia, come quella di Valance d’Agens, e il movimento era in declino. 

Nell’inverno dell’80 la situazione si modifica di nuovo. È finita l’inchiesta, ma gli avvoltoi della politica cominciano a mettere le mani sul movimento, essendoci le elezioni in primavera. Intanto i cantieri continuano, ma anche la mouvance continua per la propria strada. 

Alla fine del dicembre 1980, Giscard e il suo primo ministro Raimond Barre firmano il decreto di utilità pubblica senza però dare il permesso per costruire. È chiaro che stava cominciando una nuova fase: avrebbero costruito la centrale senza ufficializzarlo. Da questo momento si diffusero massicciamente nella regione altri tipi di azioni, come bruciare le macchine di EDF, spaccargli le vetrine, tirare le macchine dentro i suoi locali e via dicendo. Ce ne sono state a decine, per denunciare il fatto che era EDF che voleva costruire una centrale a Golfech: all’inizio erano concentrate contro di essa, miravano ai suoi interessi. Così le azioni cominciarono a radicalizzare la lotta. In più vedevamo che stavano mettendo in piedi tutta una struttura di imprese per costruire la centrale, di imprese regionali intendo. Durante il periodo elettorale EDF si nascose un po’, e pure i politici si fecero piccoli piccoli seguendo una politica opportunista, come Mitterrand del resto che andava in giro dicendo: “Se sarò eletto io Golfech non si farà”. Noi non ci credevamo, ma la maggior parte degli ecologisti e dei democratici antinucleari invece sì, e su questo bisogna attaccarli, loro pensavano davvero che con la vittoria di Mitterrand la centrale a Golfech non sarebbe stata costruita. Così un bel po’ di gruppi ecologisti fecero un appello per andare a votare per i socialisti, e a dire il vero anche dei compagni anarchici ci sono andati, perché credevano che forse, perché no…
In quel periodo, nel ’79-’80, il panorama della lotta democratica era questo: c’erano degli scienziati dell’università di Tolosa che avevano spiegato in un rapporto perché fosse un’aberrazione economica costruire Golfech, contestando la storiella propagandistica sul bisogno di energia, con tanto di studi che dimostravano il contrario. E anche il consiglio regionale, a maggioranza socialista, e i radical-socialisti come Baylet, direttore della Depeche du Midi¹, si erano schierati tutti contro la centrale. Possiamo dire che tutti i poteri politici ed economici della regione e delle province erano contro. È per questo che Mitterrand si pronunciò dicendo che con lui Golfech non sarebbe stata costruita, e nemmeno Plogoff, né Chooz. Puoi immaginare, un sacco di gente c’è cascata. Il consiglio regionale socialista era contro, tutte le università erano contro, gli scienziati erano contro, e pure noi eravamo contro, così una tendenza maggioritaria finisce per credere anche a Mitterrand. In più c’era una grossa parte degli ecologisti, che ritroveremo anni dopo all’interno dei partiti cosiddetti verdi, che vedevamo fremere per fare politica. Per noi, per l’analisi che facevamo, i politici mentono sempre: a prescindere da quello che ti dicono, anche se spergiurano che sono contro o a favore di qualcosa, bisogna sempre aspettarsi il momento in cui ti tradiranno. Un bel giorno si dicono contro al nucleare, e poi cambiano di nuovo idea. Noi compagni avevamo previsto anche il momento in cui ci avrebbero tradito, su questo potevamo scommetterci: dopo le elezioni, ovviamente. Ma durante il periodo elettorale, l’appello massiccio degli antinuclearisti e dei politici a votare Mitterrand sottaceva una speranza a cui si aggrappò molta gente. Noi eravamo sicuri che ci avrebbero tradito, e per noi non intendo solo una grossa parte del movimento libertario, ma anche molti antinuclearisti ed ecologisti. Nelle riunioni a volte ci scontravamo su questo, cercavamo di far passare i nostri discorsi ma eravamo minoritari, per così dire. Facevamo un discorso più radicale, ma se la gente voleva credere al fatto che la centrale non sarebbe stata costruita perché lo dicevano i politici, che ci credessero, punto. Questa mentalità c’è ovunque, in tutti i Paesi: credere che saranno i politici a risolverti i problemi, ma non è un politico che ti dirà se una cosa si fa o no, loro ti fanno solo delle promesse e poi quando sono al potere fanno sistematicamente il contrario. Storicamente non vale la pena di analizzarlo. Noi l’abbiamo detto fin dall’inizio, il loro unico obiettivo era che la gente votasse in massa per i socialisti, per Mitterrand, il 10 maggio 1981. Così fu, ma quella stessa notte, per festeggiare la sue elezione e per aiutarlo a fermare i lavori, qualcuno fece saltare una decina di bulldozer e di macchine che stavano lavorando in un’autostrada vicino a Golfech. Mitterrand aveva detto che era contro la centrale: c’era chi lo aveva preso in parola e gli stava dando una mano.
La reazione generale dopo le azioni più radicali era, come sempre, ambivalente. Ricordo che una volta è stato rubato un furgone di EDF: primi a criticare sono stati ovviamente i sindacati e il partito comunista, che, tra l’altro, erano a favore della centrale. A livello di gente poi c’è sempre questa tendenza democratica a prendere le distanze, se ti metti un casco per difenderti dai colpi di manganello ti diranno che sei un terrorista, questo ci sarà sempre. Le critiche vere e proprie però venivano dai giornalisti. Sulla Depeche ogni volta che c’era una macchina bruciata, anche se a volte riportavano il comunicato, subito dopo riferivano i comunicati dei sindacati, e a dire il vero c’erano anche alcuni comitati antinucleari che criticavano questo tipo di azioni, non tutti; in linea di massima chi si accaniva di più erano i personaggi che in seguito ritroveremo in politica. La pratica di interrompere il traffico, invece, era abituale. Per mesi e mesi, ogni due o tre settimane c’era quella che veniva chiamata un’operazione di filtraggio, cioè occupare la statale attorno a Golfech o Valence d’Agen, bloccare le macchine e distribuire volantini. Era molto popolare, e vi partecipavano massicciamente tutti i comitati antinucleari locali. 

Colpo di mano. La sinistra con una sola mossa si fa eleggere e fa costruire la centrale. Ma la gente s’incazza o no? 

Mitterrand, da buon politico, la prima cosa che dice non è “Golfech non si farà”, lui disse che, se fosse stato eletto, Golfech non sarebbe stata costruita. Infatti, qualche settimana dopo esser diventato presidente “congela” i lavori di tutte le centrali, ma questo solo formalmente, perché i lavori ufficiosamente continuavano. Ecco un lampante esempio delle promesse dei politici: lui e la sua cricca ufficialmente stanno al gioco, congelano i lavori della centrale nucleare di Golfech, di Chooz, e bloccano il progetto di Plogoff. Noi vedevamo tutti i giorni i lavori continuare, perfino il giorno dopo le elezioni le macchine erano in moto e continuavano con i lavori di terrazzamento, di preparazione delle fondamenta, con centinaia di operai. Ma nemmeno la finta sospensione ufficiale è durata più di tre mesi. Mitterrand ha detto: facciamo un dibattito per il nucleare. E infatti lo fecero, ma all’Assemblea nazionale votarono tutti, ovviamente, per la continuazione dei lavori. Così lui poteva continuare a dire: “Io avevo detto che avrei fermato i lavori, ma è l’Assemblea nazionale che vota per la loro prosecuzione”. È sempre lo stesso gioco dei politici. L’unica concessione di Mitterrand fu all’opposizione massiva e più popolare contro la centrale nucleare di Plogoff, ma solo a questa. Ovviamente potevano permettersi di annullarne una, dal momento che avevano già deciso di costruirne molte altre. Ecco lo scambio: a Plogoff non si sarebbe fatta perché c’era qualcuno che si opponeva, ma a Golfech, democraticamente, si è deciso di sì.
Di conseguenza il movimento visse momenti di grande delusione, il pensiero comune era: “Ci hanno tradito, sono degli stronzi, ci hanno fatto votare”. Ci fu un moto di collera, ma sempre di collera democratica, che si lamentava: “Ci hanno tradito, ci hanno tradito”. Ma comunque la gente continuò a opporsi, si rinforzarono le grandi manifestazioni dentro e attorno alla centrale, come quella del 4 ottobre del 1981, convocata subito dopo che il dibattito parlamentare aveva approvato l’impianto di Golfech. L’obiettivo della manifestazione era occupare il sito, buttarli fuori e dimostrare che eravamo contro in maniera determinata: al concentramento, che era alla Rotonda, ci ritrovammo in migliaia. A un certo punto, la gente si scontrò con la celere, che fu fatta indietreggiare, e, arrivati in prossimità della recinzione, abbiamo tagliato la rete. Siamo entrati nel sito in più di mille, eravamo circa 4-5 mila, e abbiamo cominciato a fare dei danni alle macchine e un po’ dappertutto. I celerini erano stati sorpassati, confinati in un angolo, questo per spiegare in che modo si facevano le cose.
Il 29 novembre c’è stata un’altra manifestazione. Prima ci permettevano di arrivare fino al sito, ma nel frattempo la Rotonda era stata bruciata e questa volta dovemmo partire a una decina di chilometri, a Valence d’Agen. C’eravamo riuniti in uno stadio, per poterci rimanere un fine settimana, e a un certo punto abbiamo deciso di avanzare dal paese verso il sito, verso Golfech. Ma questa volta gli sbirri avevano cambiato tattica e, capite le nostre intenzioni, che cosa hanno fatto, sono venuti verso di noi, verso lo stadio che occupavamo. Ci siamo difesi come abbiamo potuto, gli sbirri hanno cominciato a caricare, ci hanno caricato per venti chilometri perché la gente scappava a piedi, in macchina, qualche auto raccoglieva sei sette persone e partiva come poteva, scappavamo per la campagna. È stata una delle manifestazioni represse più duramente. Nella notte, quando siamo tornati verso il sito, abbiamo ritrovato molte auto rotte, ecco, questa era la nuova tattica degli sbirri. Dopo ce n’è stata un’altra, non mi ricordo la data, organizzata in una sala per congressi, ed eravamo un migliaio di persone. In quel caso siamo riusciti ad avvicinarci al sito, ma gli sbirri hanno fatto degli sbarramenti, ci sono stati degli scontri in mezzo alla statale, e noi abbiamo dovuto retrocedere perché ci tiravano addosso molte granate, erano ben armati e decisi a inseguirci fino in mezzo al paese, dove eravamo riuniti. E così hanno fatto, con le macchine, a caccia dell’antinuclearista, aiutati anche da qualche operaio pro-nucleare. Una volta arrivati nel paese hanno cominciato a massacrare tutti, attaccavano pure gli anziani che appartenevano ai comitati, per impaurire la gente, perché non manifestassero più. Questa è la solita vecchia tattica fascista: spaccare la testa alla gente, così poi ci pensa un attimo prima di venire a una manifestazione. Gli sbirri attuavano una vera e propria tattica di violenza finalizzata a distruggere il movimento antinucleare: attaccavano i più deboli, non i più radicali, cercavano apposta la gente normale. Se mentre vai a manifestare gli sbirri ti spaccano l’auto in mille pezzi… questo gli serve per creare un clima di terrore, così la gente partecipa sempre meno alle manifestazioni. In quel periodo erano frequenti anche le aggressioni dei pro-nucleare contro i militanti più anziani. Quando parlo di pro-nucleare intendo quegli operai che il capo del cantiere della centrale assoldava con qualche bottiglia di pastis o con un lavoro meglio pagato per aggredire gli antinuclearisti. Attaccavano soprattutto gli anziani che vivevano a cinque, dieci chilometri dalla centrale, e lo facevano sistematicamente. Una delle prime azioni fatte è stata andare dal direttore della centrale … insomma un gruppo decide di dare un avvertimento a ’sto direttore tirando qualche revolverata contro la sua casa, sapendo che dentro non c’era nessuno ovviamente, e inviando poi un comunicato che diceva: “Il movimento antinucleare non attaccherà qualche pesciolino ma sempre chi regge i fili, chi dà gli ordini…” e gli ordini arrivavano, ovviamente, dal direttore. A buon intenditor poche parole. Affinché si fermi questo gioco, anche noi sappiamo giocare alla violenza. Il risultato fu che hanno smesso subito con le aggressioni, e il direttore della centrale qualche mese dopo ha dato le dimissioni e se n’è andato. Però via uno ne arriva subito un altro, funziona così…
Alcuni mesi dopo, nel corso di una manifestazione convocata a Tolosa, la polizia cambiò di nuovo tattica repressiva. Eravamo parecchie migliaia, ma nel giro di mezz’ora ci dovemmo disperdere perché un gruppo di persone cominciò a tirare molotov nei negozi pieni di gente. È stata una provocazione, ne sono certo, per poterci accusare di essere dei casseurs, per poter dire: guardate cosa sono gli antinuclearisti, gente che distrugge tutto. È una tattica vecchia, del resto, usare i provocatori, e quelli che sono partiti quel giorno dalla manifestazione tirando molotov in piena strada commerciale di Tolosa erano di sicuro sbirri e pro-nucleari. I negozi non erano gli obiettivi da distruggere. C’era un obiettivo preciso, cioè attaccare la sede di quella che, per intenderci, è la Confindustria in Francia. Volevamo bruciarla collettivamente. Quando siamo partiti qualcuno che non conoscevamo, e che era un po’ sospetto, ha cominciato a tirare le molotov nei negozi. Non erano antinuclearisti né autonomi, perché tutti sapevano che l’obiettivo era un altro, né tanto meno gente che non aveva esperienza e che faceva pasticci. Era gente che voleva deliberatamente rovinare la manifestazione e l’azione che avevamo in mente. E in più hanno sputtanato il movimento antinucleare. Ci furono anche alcuni feriti tra i passanti, e questo non era mai successo. Io sono convinto che è stata una provocazione. Da quel giorno non si sono più potute organizzare grosse manifestazioni con azioni collettive.
Ma questo non è stato l’unico motivo perché, anche se c’era nell’animo di molta gente la voglia di continuare, ci sono altri fattori da considerare. Sappiamo quanto conta nella lotta quando tu vai, e lo dico anche per noi della muovance, e credi davvero di poter vincere, di poter fermare la costruzione della centrale. La gente va avanti anche perché ci crede. Ma quando si cominciano a perdere le speranze se ne vanno anche le convinzioni. Dopo tutto quello che era successo, la gente cominciava a essere un po’ più delusa e a perdere la certezza che la lotta si poteva vincere. Ci sono molti fattori che si sommano, come la morte di Claude Henry Mathais² nel novembre dell’82. La lotta ha avuto una crescita, perché ci credevamo, e in più quest’energia si è socializzata in modo più radicale, perché ci sembrava di vincere, poi c’è stata una repressione molto forte che si è conclusa con le provocazioni degli sbirri, ed è cominciata a diminuire la combattività della gente. Tutto questo, in rapporto a una lotta, ci fa interrogare su cosa sappiamo affrontare quando ci si dà come obiettivo battersi contro il capitale in delle lotte specifiche. 

E in tutto questo si muove il movimento libertario, con l’analisi e la pratica. Alla piega che i politici volevano imporre al movimento c’è stata una risposta puntuale e diffusa, dall’81 in poi, frutto di una precisa scelta strategica che può contare su una rete di contatti e una serie di pratiche ben consolidate: Tolosa negli anni Settanta ha una storia da raccontare… 

Fin dall’inizio della campagna elettorale, nell’81, c’eravamo ben resi conto che i politici stavano allungando le mani sulle mobilitazioni: lo avevamo visto, la regione era contro e persino Mitterrand si diceva contrario. Non a caso i sabotaggi consistenti e continui cominciano proprio a partire dall’elezione di Mitterrand. In quel momento una parte della gente, diciamo della mouvance, fa la seguente analisi: facendo una certa pressione materiale contro le ditte che lavorano nel sito e contro EDF, si può dimostrare una determinazione che forse è in grado fermare la costruzione della centrale. Ma tutto questo, s’intende, mescolato alle azioni di massa, e non certo come una strategia separata. Del resto, una parte della mouvance partecipava, effettivamente, ai comitati antinucleari. Cominciano così una serie di campagne di azioni, soprattutto contro le ditte che lavoravano nel sito e contro EDF. La tattica non era tanto quella di fare delle azioni simboliche, perché che con delle vetrine rotte, un paio di molotov lanciate dentro un locale e qualche macchina di EDF bruciata non si va molto lontano. Venne presa la decisione di fare delle azioni finalizzate a demolire le imprese, a demolirle fisicamente, intendo. Veniva scelta una ditta, e poi demolita, fatta saltare: gli edifici, le macchine, tutto.
Il movimento, nella regione di Tolosa, aveva una certa pratica, questa è un po’ la sua storia, una pratica legata all’uso di alcuni mezzi illegali, soprattutto esplosivo. La mouvance di cui parlo aveva un’esperienza che le derivava dalle azioni di solidarietà con le lotte antifranchiste, e parecchi di questi gruppi libertari e anarchici si sono ritrovati a battersi contro Golfech. C’era una sensibilità libertaria diffusa, solidale con la Spagna. Prima della morte di Franco, nel 1975, è successa una cosa che ha toccato tantissimi compagni: Franco ha ammazzato parecchie persone, ha fatto garrotare Puig Antich, ha fatto fucilare tre militanti del Frap e i due di Eta, e Oriol Solè³ venne ammazzato mentre cercava di scappare. A quell’epoca, in Francia, si facevano saltare le banche spagnole… ecco, lo stesso movimento, con quest’esperienza alle spalle, lo ritroveremo più tardi nei dintorni di Golfech.
Nella regione di Tolosa questa mouvance era composta da alcune decine di persone, ma c’erano anche altri gruppi che non vi facevano parte e non vi si riconoscevano. Possiamo dire che esistevano dei piccoli gruppi di affinità, e che a un certo punto questi gruppi si sono uniti per mettere insieme le idee, i mezzi e per vedere quello che si poteva fare collettivamente, anzi direi proprio per poter mettere in atto le idee: per tutte le azioni, infatti, ci sono voluti molti mezzi, molto materiale e molta gente. Come per l’azione alla ditta Culetto, per esempio, dove in una notte sono saltati trenta camion e venti furgoni. Il coordinamento c’era, era informale, nel senso che la gente si trovava e discuteva. Come… come funziona da sempre un gruppo d’affinità: un po’ di gente s’incontra attorno a un tavolo, magari dopo aver mangiato, e parlando del più e del meno ci ficca in mezzo un’analisi della situazione politica e a un certo punto qualcuno dice: toh! questa è la mia opinione sul problema, attaccare qui, fare un’azione di sabotaggio simbolica o un po’ più importante… ecco, questo è un gruppo di affinità. Non è un gruppo esclusivo, una specie di cellula, si può far parte di un gruppo e allo stesso tempo avere delle affinità con altri, e questo per dire che erano interscambiabili. In questa mouvance la gente si conosceva, c’era chi lavorava un po’ di più assieme, chi due tre volte e chi soltanto per un’azione specifica, è così che funziona il gruppo. A un certo punto, per quel che riguarda Golfech, questi gruppi sentono il bisogno di riunirsi, quelli che lo volevano, è chiaro, non era obbligatorio, così parecchie persone si sono trovate e hanno deciso di pensare alla tattica da utilizzare per lottare. All’inizio erano tutti convinti che la centrale potesse essere fermata, e ognuno doveva solo decidere come farlo. La tattica scelta è stata questa: come prima cosa attaccare EDF, demolendo tutto quello che si poteva, e poi attaccare e demolire le ditte che lavoravano nel sito, soprattutto le ditte locali, anche se in realtà la maggior parte erano nazionali. Detto così sembra semplice, ma presuppone un lavoro di ricerca sulle imprese, perché non si sapeva molto, e poi un lavoro di ricognizione sul posto per vedere cosa effettivamente si poteva fare. Voglio dire che dietro c’è tutto un lavoro di ricerca, di coordinamento, di sicurezza e di recupero. Ma a un certo punto c’è solo una miccia, pronta per essere accesa … Tutto poi è andato bene, anche rispetto a un altro degli obiettivi discussi, cioè evitare che ci fossero dei feriti o dei morti: si voleva fare solo danni, ma dei danni massicci. Dei danni industriali. Non c’era interesse per qualche piccola azione simbolica, le ditte dovevano essere demolite. E così è stato per molte altre imprese, in decine e decine di attacchi diversi.
Più tardi, nell’82, quando Mitterrand fece il voltafaccia, disse sì a Golfech e dopo qualche mese lo seguì a ruota anche il Consiglio generale dei socialisti, ci sono state anche delle azioni contro il Partito socialista: a Tolosa la sede del partito venne demolita da una grossa carica di esplosivo, secondo la Depeche venticinque chili, e il locale è letteralmente crollato. Questo non impedì ad altri di tirare fucilate sulla cassetta delle lettere di un deputato socialista, uno o due colpi di fucile. Sono state delle cose simboliche, ce ne sono state due o tre. Senza alcuna intenzione di ferire, è stata più un’espressione di collera. Anche se fosse stata gente della mouvance, che ne aveva piene le scatole di questi deputati socialisti, a prendere un fucile e a tirare su una cassetta delle lettere, non so, per dimostrare che avevano le palle, non bisogna vederla come una tattica, come un ragionato attacco ai deputati socialisti traditori, è stata semplicemente un’esplosione di rabbia. Non sto parlando del PCF (Partito comunista francese), loro ci avevano già tradito prima che cominciassimo, erano a tutti gli effetti a favore della centrale, erano per la politica dell’indipendenza energetica, dei lavoratori francesi, e tutte le loro cazzate per giustificare il nucleare. E dire PCF vuol dire anche il suo sindacato, la CGT, che a sua volta ha sempre criticato i sabotaggi; ogni volta che succedeva qualche cosa facevano uscire un comunicato dicendo che ledevamo gli interessi dei lavoratori, ma quali interessi? Che l’unica cosa che possiedono è la loro forza lavoro! Non ha neanche senso chiamarli traditori, loro facevano già parte del sistema, erano per il nucleare e basta, e facevano tutto il possibile perché si facesse. È per questo che è stata fatta qualche azione contro il PCF, contro una sua tipografia a Tolosa. C’era una collera generalizzata da parte di tutti, e noi ci stavamo in mezzo. Così ci sono state anche delle azioni più dure. Non per questo bisogna dar credito a cazzate del tipo che ci fu l’intenzione di ammazzare qualcuno, per qualche petardo in una cassetta delle lettere. Non c’è mai stata l’intenzione di cadere in questo tipo di azioni, l’unico obiettivo era quello di distruggere il materiale delle ditte, avendo sempre chiara l’intenzione di non provocare feriti e tanto meno morti. Nessuno si sarebbe messo a sparare col fucile per ammazzare qualcuno, questo è ridicolo. Sono state azioni simboliche, è stato fatto perché avevano tradito, non erano stati di parola. Noi d’altra parte ce lo aspettavamo pure.
Poi c’è la storia delle lettere minatorie. Un bel giorno spunta questa ARSEN, un’associazione di padroni, l’equivalente della Confindustria italiana, creata apposta per lavorare a Golfech, in pratica per controllare meglio tutto. Dopo un po’ tutte le ditte che aderivano a quest’associazione hanno ricevuto un pacco firmato ARSEN, che conteneva un testo del tipo “sappiamo che vi siete candidati per lavorare a Golfech, vi raccomandiamo di non lavorare, di non collaborare, a buon intenditor poche parole”. Firmato LUPEN. Un gioco di parole su ARSEN e quindi LUPEN. Insomma, LUPEN scrive queste lettere. Qualche ditta ha risposto addirittura al giornale, al Geranium, dicendo: sì, siamo nella lista ma vogliamo farvi sapere che noi non lavoriamo per Golfech. Era un mezzo per far pressione, uno dei tanti. Come lo sarà più tardi una campagna di sabotaggi contro i contatori EDF. A Mirail, un quartiere di Tolosa dove c’erano moltissime case popolari, sono stati distrutti migliaia di contatori. Era un altro tipo di campagna… così EDF doveva mettere i contatori nuovi e la gente intanto non pagava l’elettricità. 

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Note
1: Quotidiano, diffuso nella regione Midi-Pyréès e nelle province dell’Aude e della Lot-et-Garonne, diretto da Jean Michel Baylet, radical-socialista, che seguirà la parabola di Mitterrand.
2: Militante anti-nucleare, era membro del CRAN di Golfech e partecipava alla redazione di Le Geranium Enrichi. Scomparve la notte fra il 10 e 11 novembre 1982 e venne ritrovato morto l’8 dicembre successivo nella Garonna. A ucciderlo fu Floréal Bujan, suo collega di lavoro e compagno di lotta, durante una lite. Venti giorni dopo la sua morte, appena prima dell’inizio del processo contro il suo assassino, fu montata una campagna mediatica con la quale si cercò di screditare la sua immagine e il movimento anti-nucleare. In risposta, una parte del movimento antinucleare si buttò in una contro-campagna per incolpare la polizia di aver architettato tutto.
3: Per un approfondimento si veda il libro Agitazione armata in Spagna. Mil, Gari, Gruppi Autonomi.

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